Si contesta all’imputato, legale rappresentante di una società che gestisce una discarica, la violazione dell’autorizzazione integrata ambientale, nella parte in cui dispone che la verifica di conformità di ciascuna tipologia di rifiuto conferito dovesse essere effettuata “una volta all’anno (minimo) per ogni codice”.
La prescrizione recepisce le disposizioni contenute nel D.M. 27 settembre 2010 , recante Definizione dei criteri di ammissibilità dei rifiuti in discarica. L’art. 2, comma 3, del citato decreto dispone che “la caratterizzazione di base è effettuata in corrispondenza del primo conferimento e ripetuta ad ogni variazione significativa del processo che origina i rifiuti e, comunque, almeno una volta l’anno” ed il successivo art. 3, comma 2, prevede che “la verifica di conformità è effettuata dal gestore … con la medesima frequenza prevista dal comma 3 dell’art. 2”.
Ciò posto, si è posto il problema del significato da attribuire a tale ultima locuzione, dovendosi valutare se sia corretta l’interpretazione data dalla sentenza impugnata – che ne ha desunto la necessità di effettuare la verifica di conformità del rifiuto ogni dodici mesi – ovvero quella ritenuta dall’imputato (e dalla società titolare dell’autorizzazione), il quale ha inteso doveroso soddisfare l’obbligo una volta in ciascun anno solare.
La Suprema Corte aderisce alla seconda soluzione. La verifica periodica di conformità dei rifiuti conferiti in discarica, da effettuarsi dal gestore almeno una volta l’anno secondo quanto previsto dal combinato disposto del D.M. 27 settembre 2010, art. 3, comma 2, e art. 2, comma 3, va effettuata entro il 31 dicembre di ogni anno solare (Cass. pen. sentenza n. 36400 del 26.08.2019).