L’esito di una gara per la cessione di oli vegetali esausti provenienti dalla raccolta differenziata delle utenze domestiche (cioè l’olio residuato della frittura degli alimenti presso le famiglie), veniva contestato dalla non aggiudicataria, sostanzialmente sostenendo che la partecipazione alla stessa avrebbe dovuto essere consentita alle imprese in possesso dell’iscrizione all’Albo Nazionale Gestori Ambientali per la categoria 1, laddove l’iscrizione nella sola categoria 4 del RTI aggiudicatario sarebbe insufficiente, perché oggetto del contratto è un rifiuto urbano.

È sicuramente vero che l’olio vegetale esausto, nel momento in cui viene raccolto presso le famiglie nell’ambito della “piccola differenziata”, costituisce un rifiuto urbano, e si può convenire che esso mantenga questa qualificazione giuridica anche quando viene immagazzinato nei punti di raccolta presso ciascun Comune, perché ne rimane intatta la provenienza dalle utenze domestiche.

Tuttavia, una volta immagazzinato nei citati punti di raccolta assume anche un’altra caratteristica, non in contraddizione con la precedente, ovvero diviene un rifiuto speciale non pericoloso ai sensi dell’art. 184, co. 3, lett. f), T.U.A., in quanto prodotto “nell’ambito delle attività di servizio”, quale è all’evidenza quella di raccolta in esame. Ne consegue che l’iscrizione in categoria 4, che appunto abilita al trasporto di rifiuti speciali non pericolosi, va considerata requisito sufficiente per svolgere il servizio.

Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza n. 8330 del 14.12.2021