Una società di produzione di mobili aveva utilizzato, come combustibile per il riscaldamento dello stabilimento, una parte del polverino di legno (trucioli di scarto triturati) derivante dal ciclo di produzione. Il resto era stato conferito come rifiuto. Posto che il polverino utilizzato come combustibile andava anch’esso qualificato come rifiuto e la ditta, al momento del controllo, non era ancora autorizzata alla gestione del predetto rifiuto, in primo grado, il legale rappresentante fu condannato per il reato previsto dall’art. 256, comma 1, del D.Lgs. n. 152 del 2006. Avverso il provvedimento, l’imputato si difende sostenendo che la condotta contestata era stata posta in essere soltanto per sole tre volte nell’arco di un trimestre e al solo fine della verifica del funzionamento dell’impianto, non per riscaldare l’ambiente. Tale occasionalità, pertanto, avrebbe dovuto escludere il reato. La Suprema Corte accoglie il ricorso (Cass. pen., sentenza n. 26291 del 14.06.2019).