L’ampliamento dell’impianto di depurazione al fine dell’adeguamento ai sopravvenuti limiti di legge di cui al D.lgs. 152/2006 è stato previsto in sede di Piano regionale di tutela delle acque. In base ad una interpretazione logico-sistematica, appare del tutto irragionevole la sostenuta applicazione della fascia di rispetto di cui al punto 1.2. della delibera del Comitato dei Ministri per la tutela delle acque dall’inquinamento del 4.2.1977 anche in ipotesi di ampliamento degli impianti di depurazione già esistenti, specie laddove “necessitati” come nel caso di specie dall’adeguamento alla sopravvenuta normativa di tutela ambientale, trovando tale fascia di rispetto ragion d’essere unicamente per gli impianti da realizzare ex novo. Diversamente opinando, l’Amministrazione si troverebbe costretta secondo un insussistente auto-vincolo, alla dismissione del depuratore già esistente ed alla costruzione di un impianto del tutto nuovo, con ovvie negative ricadute in termini di buon andamento, efficacia, efficienza ed economicità dell’azione amministrativa (anche utilizzando per ipotesi il terreno che la ricorrente ha manifestato voler offrire gratuitamente) con conseguente illiceità del proprio operato e possibile responsabilità amministrativo-contabile per danno erariale. Tar Umbria, sentenza del del 15 maggio 2014