Il soggetto originatore dei rifiuti deve essere in possesso dell’apposita licenza prevista nel Paese di destinazione, altrimenti incorre nel reato di traffico illecito (articolo 259, Dlgs 152/2006). Nel caso di specie, una impresa italiana è stata accusata di traffico illecito poiché aveva adottato una procedura di spedizione di rifiuti in Cina senza avere l’autorizzazione prescritta dalla legge cinese (licenza AQSIQ), benché una delle imprese cinesi destinatarie dei rifiuti, in particolare quella in veste di intermediario, possedeva la predetta autorizzazione. Si deve infatti escludere che il responsabile delle attività di controllo possa essere l’intermediario (divenuto proprietario in seguito a contratto di compravendita), perché si interromperebbe il requisito della tracciabilità del rifiuto, per cui il soggetto originatore dei rifiuti è il responsabile dell’intera operazione di spedizione che si completa soltanto con l’effettivo recupero del rifiuto. L’art. 54 della nuova legge cinese del 2011 sulla importazione di rifiuti, in correlazione all’art. 37 del Regolamento 1013/2006, va quindi inteso come obbligo per l’originatore dei rifiuti di munirsi della licenza ASQIQ: altrimenti non si comprenderebbe la ratio di una normativa elaborata dalla Repubblica Popolare della Cina per porre un freno alla importazione illegale dei rifiuti agevolata dalle facilitazioni consentite da determinate province amministrative della Cina ad imprese operanti su quei territori che in forza di contratti di vendita si trasformavano da soggetti commercianti a soggetti fornitori dei rifiuti (Cassazione penale, 13 marzo 2013).