L’obbligo di pronuncia da parte dell’autorità preposta alla tutela del vincolo sussiste in relazione alla esistenza del vincolo al momento in cui deve essere valutata la domanda di sanatoria, a prescindere dall’epoca d’introduzione del vincolo, ciò in quanto tale valutazione corrisponde alla esigenza di vagliare l’attuale compatibilità, con il vincolo, dei manufatti realizzati abusivamente. Tuttavia l’amministrazione, nel vagliare la compatibilità di un manufatto preesistente con un vincolo sopravvenuto, deve in ogni caso considerarlo come vincolo relativo, suscettibile di rimozione ove, in concreto, si riscontri la compatibilità dell’opera con le ragioni di tutela presidiate dal vincolo medesimo. Mentre infatti chi edifica abusivamente in presenza di un vincolo di inedificabilità assoluta non può invocare la sanatoria dell’opera essendosi scientemente posto in contrasto con suddetto vincolo, non altrettanto può dirsi di chi ha edificato, seppur abusivamente, in assenza di qualsivoglia vincolo. Il punto di equilibrio e distinzione tra siffatte diverse situazioni è stato per l’appunto individuato dalla giurisprudenza nel senso che, un giusto raccordo tra la disciplina dell’art. 32 e quella dell’art. 33 (vincolo di in edificabilità assoluta) della l. n. 47/85, comporta che la fattispecie del vincolo sopravvenuto, siccome non specificamente disciplinata dall’art. 33, ricada nella previsione di carattere generale contenute nel comma 1 dell’art. 32, per cui il rilascio del titolo abilitativo edilizio in sanatoria è subordinato al parere favorevole delle amministrazioni preposte alla tutela del vincolo stesso, dovendo questa in concreto valutare la compatibilità del manufatto con gli interessi pubblici tutelati dal vincolo in questione. TAR Piemonte, sentenza n. 597 del 10 maggio 2013