Ribadito il dovere di sicurezza, con riguardo ai lavori svolti in esecuzione di un contratto di appalto o di prestazione d’opera, tanto in capo al datore di lavoro (di regola l’appaltatore, destinatario delle disposizioni antinfortunistiche) che del committente, si è anche richiamata la necessità che tale principio non conosca un’applicazione automatica, “non potendo esigersi dal committente un controllo pressante, continuo e capillare sull’organizzazione e sull’andamento dei lavori”. Ne consegue che, ai fini della configurazione della responsabilità del committente, “occorre verificare in concreto quale sia stata l’incidenza della sua condotta nell’eziologia dell’evento, a fronte delle capacità organizzative della ditta scelta per l’esecuzione dei lavori, avuto riguardo alla specificità dei lavori da eseguire, ai criteri seguiti dallo stesso committente per la scelta dell’appaltatore o del prestatore d’opera, alla sua ingerenza nell’esecuzione dei lavori oggetto di appalto o del contratto di prestazione d’opera, nonchè alla agevole ed immediata percepibilità da parte del committente di situazioni di pericolo”. Tra gli obblighi incombenti sul committente vi è anche l’obbligo di cooperazione, discendente dal D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 7 (ed oggi dal D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 26), che si concreta anche nella comunicazione al coordinatore per la progettazione e al coordinatore per l’esecuzione, seconde le evenienze, dei nominativi delle imprese alle quali si appaltano i lavori, onde permettere a questi di adempiere ai compiti loro assegnati dalla legge (D.Lgs. n. 494 del 1996, artt. 4 e 5; D.Lgs. n. 81 del 2008, artt. 91 e 92). Peraltro, il D.Lgs. n. 494 del 1996, art. 6, comma 2 costituisce chiaramente il committente quale garante dell’effettività dell’opera di coordinamento posta in capo ai coordinatori per la progettazione e per la esecuzione. Cass. pen., sez. IV, sentenza del 5 settembre 2013