Nel caso degli impianti “mobili” la legge prevede un’autorizzazione “a monte” e un regime non più autorizzatorio, ma di mera comunicazione, “a valle”, al momento dell’inizio della singola “campagna” di attività. Sempre che si tratti effettivamente di “impianti mobili” (tali qualificati in base alle caratteristiche strutturali, all’esistenza o meno di strumenti di ancoraggio permanente al suolo, alla temporaneità dell’esercizio e ad altri eventuali indicatori del tipo di impatto che può derivare), la norma non richiede alcuna ulteriore procedura di garanzia, invece prevista per la costruzione ed installazione di impianti c.d. “fissi”. La mera “comunicazione” di installazione, una volta ottenuta l’autorizzazione “unica” regionale, valevole su base nazionale, non è, secondo il testuale riferimento normativo (che nulla dispone al riguardo), assoggettata ad alcuna ulteriore e previa verifica, né di compatibilità urbanistica né di compatibilità ambientale. Tale regime è del tutto ragionevole, essendo evidente, per un verso, che la natura, per definizione, “mobile” dell’impianto esclude la rilevanza “urbanistico-edilizia” dello stesso (che non a caso è, secondo la disposizione sopra richiamata, localizzabile “anche in luogo chiuso”) e che, per altro verso, la compatibilità ambientale è desunta dalla stessa intervenuta “omologazione” nazionale dell’impianto, sul presupposto dello svolgimento di attività espressamente consentite agli impianti “mobili” e alle condizioni e con le prescrizioni indicate espressamente nel provvedimento autorizzatorio. TAR Abruzzo, sentenza del 2 luglio 2013