E’ noto che, in attuazione della prescrizione per cui “i rifiuti possono essere collocati in discarica solo dopo trattamento” (art. 7 del d. lgs. 13 gennaio 2003, n. 36), i “rifiuti urbani indifferenziati” (CER 20.03.01) non possono essere direttamente (o “tal quali”) smaltiti in discarica ma devono subire un preliminare processo di pretrattamento (triturazione e vagliatura), secondo le diverse tecniche in uso.
Si tratta di operazioni necessarie di cui risulta tuttavia ancora incerta la natura dei relativi effetti; se, cioè, tale operazione muti o meno il volume e la composizione dei rifiuti stessi sotto il profilo chimico fisico, tale da determinarne una natura sostanzialmente diversa dai rifiuti urbani prima di tale trattamento, giustificandosi così (o meno) il fatto di poter essere inclusi nella diversa categoria giuridica dei rifiuti speciali.
La distinzione ha ricadute pratiche.
Infatti, com’è noto, il legislatore nazionale ha stabilito il principio dell’autosufficienza su base regionale dello smaltimento dei rifiuti urbani; pertanto, è vietato smaltire i rifiuti urbani non pericolosi in Regioni diverse da quelle dove gli stessi sono prodotti; fatti salvi eventuali accordi regionali o internazionali, qualora gli aspetti territoriali e l’opportunità tecnico economica di raggiungere livelli ottimali di utenza servita lo richiedano.
Recentemente, invece, il Consiglio di Stato ha affermato esplicitamente che il principio dell’autosufficienza locale nello smaltimento dei rifiuti per i rifiuti urbani non pericolosi sussiste ed è cogente e non può essere esteso, naturalmente, a rifiuti diversi e, segnatamente, a quelli speciali o pericolosi in genere. In questa ottica, appare pertanto illegittimo il divieto di conferimento nelle discariche regionali di rifiuti speciali provenienti da altre Regioni.
Orbene, si deve osservare che, all’esito di dei trattamenti i “tritovagliatura” , i rifiuti CER 20.03.01 assumono il codice CER 19 (“Rifiuti prodotti da impianti di trattamento dei rifiuti’), e in particolare il codice CER 19.12.12, tuttavia per i rifiuti provenienti da attività di selezione dei rifiuti urbani potrebbe legittimamente dubitarsi dell’esatta classificazione, nell’alternativa tra “rifiuto urbano” o “rifiuto speciale” (con ulteriore conseguente legittimo dubbio sull’applicabilità del principio di autosufficienza cui si è detto).
Infatti, in seguito all’abrogazione della lett. n) dell’art. 184, comma 3, d.lgs. n. 152-2006, ex art. 2, comma 21-bis, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, i rifiuti derivanti da attività di selezione dei rifiuti solidi urbani sono stati cancellati dall’elenco dei rifiuti speciali, ma non sono stati ascritti espressamente e parallelamente, alla categoria dei rifiuti urbani.
Per questo Collegio, l’intervento normativo del citato art. 2, comma 21-bis, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 è equivoco, nel senso che non chiarisce se sussisteva la volontà di escludere che i rifiuti derivati dalle attività di selezione meccanica dei rifiuti solidi urbani, come le operazioni di tritovagliatura descritte, potessero essere considerati e classificati quali rifiuti speciali; il fatto che espressamente non rientrino nell’ambito della classificazione dei rifiuti urbani si può imputare ad una mera dimenticanza legislativa, consona alla sciatteria normativa cui il nostro attuale ordinamento è purtroppo caratterizzato, ovvero può esprimere la volontà di far ricadere tali rifiuti nell’ambito dell’art. 184, comma 3, lett. g), ovvero nell’ambito dei rifiuti speciali. Pertanto, è necessario approfondire, sotto il profilo tecnico, se la diversa codificazione dei rifiuti implichi un mutamento della rispettiva natura giuridica, con particolare rilievo alla distinzione, qui centrale, tra rifiuti urbani e rifiuti speciali, atteso che i rifiuti prodotti dal trattamento meccanico dei rifiuti risultano classificati con i codici 19.12.11 e 19.12.12 e la categoria dei rifiuti urbani è identificata, invece, con il codice 20 e tutte le varie tipologie di rifiuti che la compongono sono identificate da codici a sei cifre, tutti recanti come prime due cifre il codice 20.
Per questi motivi il Consiglio di Stato ha rinviato la decisione agli esiti di una verifica tecnica che stabilisca se le operazioni di tritovagliatura sopra descritte mutino o meno il volume e la composizione dei rifiuti stessi sotto il profilo chimico fisico, in modo tale da determinarne una natura sostanzialmente diversa dai rifiuti urbani prima di tale trattamento, giustificandosi così (o meno) sotto il profilo tecnico-scientifico, relativo alla fisica e alla chimica dei materiali, il fatto che tali rifiuti post trattamento siano o meno da includersi nella diversa categoria giuridica dei rifiuti speciali; e se il mantenimento del codice 19, nella specie previsto, costituisca indicazione della volontà di includere i medesimi nella categoria dei rifiuti speciali, evidenziando tutti gli atti e i documenti attraverso i quali risulta emergere tale volontà. Consiglio di Stato, sentenza del’11 giugno 2013
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