La disciplina procedimentale definita dall’art. 12 del d.lgs. 29 dicembre 2003, n. 387, incentrata sulla concentrazione procedimentale in ragione del confronto richiesto dall’approvvigionamento energetico mediante tecnologie che non immettano in atmosfera sostanze nocive, e sul valore aggiunto intrinseco allo stesso confronto dialettico delle amministrazioni interessate, presenta carattere speciale anche per ciò che riguarda la valutazione dell’impatto paesaggistico, rispetto a quella ordinaria prevista dall’art. 151 d.lgs. 490/1999, n. 490, e poi dagli artt. 159 e 146 d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio). Dunque, il modello procedimentale e provvedimentale legittimante l’installazione di siffatti impianti è esclusivamente quello dell’autorizzazione unica regionale, tipizzato espressamente dall’art. 12 d.lgs. 29 dicembre 2003, n. 387 che prescrive, al fine del rilascio dell’autorizzazione unica, il “rispetto delle normative vigenti in materia di tutela dell’ambiente, di tutela del paesaggio e del patrimonio storico-artistico”. Pertanto, secondo il modulo procedimentale normativamente individuato è solo nella conferenza di servizi che devono trovare confronto i vari interessi pubblici coinvolti nella realizzazione degli impianti di cui trattasi, tra i quali quello relativo alla tutela ambientale e del patrimonio culturale assume valore preminente, come è reso evidente dal sistema previsto in caso di dissenso da parte dell’Amministrazione ad esso preposta (art. 14-quater legge 7 agosto 1990, n. 241). Consiglio di Stato, sez. VI, 15 marzo 2013