La disciplina imposta dal D.M. 1444/1968 è il portato di una impostazione (sviluppatasi negli anni Sessanta e di scuola americana) di rigida zonizzazione volta alla attribuzione di una funzione specializzata ad ogni porzione del territorio comunale. Tale concezione del territorio appare recentemente oggetto di erosione, sicché l’attuale tendenza pare piuttosto orientata ad un superamento della zonizzazione rigida in favore di un uso più flessibile del territorio, prevedendo la compresenza, nell’ambito della stessa zona, di usi promiscui.

La realizzazione di un centro di raccolta di rifiuti – evidentemente asservito al servizio di gestione dei rifiuti urbani che costituisce servizio pubblico locale – rientra nel novero delle “attività collettive”, anche quando le prestazioni siano effettuate dal privato gestore essendo esse destinate palesemente in modo generalizzato a favore della collettività locale, per cui esso può essere realizzato in quella porzione dell’area destinata ad insediamenti industriali che risulta vincolata, ex art. 5 del D.M. n. 1444/1968, a spazi pubblici, ossia “destinati ad attività collettive, verde pubblico e parcheggi”. D’altra parte, per le opere pubbliche vige quel principio di fungibilità per cui nel caso in cui le opere stesse ricadano su aree che negli strumenti urbanistici non sono destinate a pubblici servizi oppure sono destinate a tipologie di servizi diverse da quelle cui si riferiscono le opere medesime e che sono regolamentate con standard minimi da norme nazionali o regionali, la deliberazione del consiglio comunale di approvazione del progetto preliminare e la deliberazione della giunta comunale di approvazione del progetto definitivo ed esecutivo costituiscono adozione di variante degli strumenti stessi (art. 1, co. 4, legge n. 1/1978). Tribunale di Brindisi, Sezione Riesame, ordinanza del 6 giugno 2013