Pare quindi non potersi revocare in dubbio che le attività di compostaggio di rifiuti nonché l’attività di trattamento anaerobico di rifiuti finalizzata alla creazione di biogas e, dipoi, alla produzione di energia o calore, debbano essere annoverate tra le attività di recupero dei rifiuti, la quale attività appartiene al ciclo di gestione dei rifiuti (art. 183 lett. n decreto legislativo n. 152 del 2006) ed è quindi soggetta alla relativa disciplina, nella quale è compresa la programmazione territoriale di settore. Che la FORSU, come altri rifiuti biodegradabili, possa qualificarsi come “biomassa” ai fini della applicabilità delle norme in materia di produzione di energia rinnovabile non toglie che essa è e continua ad essere un rifiuto sino a che, ad ultimazione del ciclo di trattamento, viene definitivamente trasformata in un prodotto secondario. L’energia traibile dalla attività di recupero dei rifiuti biodegradabili costituisce solo una utilità che si affianca a quella insita nel recupero dei rifiuti stessi, e che tale utilità possa costituire il motivo principale che induce il gestore alla apertura dell’impianto non altera la natura della attività, che resta pur sempre anche una attività oggettivamente deputata al recupero degli stessi. Agli impianti che producono energia rinnovabile tramite trattamento di rifiuti biodegradali sarà quindi certamente applicabile sia la normativa afferente la produzione di energia da biomasse sia la normativa sulla gestione dei rifiuti. Consiglio di Stato, sentenza del 08.04.2014