Autorizzazioni ambientali, VIA, VAS, AIA

Emissioni industriali: modificato il TUA

L’11 aprile 2014 è entrato in vigore il d.lgs. 46/2014 che riforma le regole su autorizzazioni, controlli e sanzioni ambientali per le industrie ad elevato potenziale inquinante; nuova definizione di A.I.A. nonché nuove attività sottoposte alla disciplina dell’A.I.A.

Procedure semplificate e compatibilità urbanistica dell’area

E’ stato affermato che la compatibilità urbanistica dell’area utilizzata per l’attività di stoccaggio e recupero degli inerti, benché non espressamente contemplata dall’art. 216 del d.lgs. 152/2006 e dal d.m. 5 febbraio 1998, non può non costituire presupposto per il legittimo esercizio dell’attività di recupero dei rifiuti, atteso che deve essere qualificato sicuramente pericoloso per la preservazione dell’ambiente circostante un impianto che, sebbene rispetti le specifiche tecniche del caso, si ponga in dissonanza con la destinazione urbanistica dell’area; e che tale interpretazione, d’altronde, è l’unica possibile per rendere coerente la procedura semplificata di cui agli artt. 214 e ss. del d.lgs. n. 152/2006 con quella ordinaria di cui al precedente art. 208, nel quale si fa espresso riferimento all’esigenza di documentare la conformità del progetto (di impianto) alla “normativa urbanistica” ed alla valutazione, in sede di conferenza di servizi, della compatibilità dello stesso “con le esigenze ambientali e territoriali”. Consiglio di Stato, sentenza del 24 settembre 2013

Min. Amb., nuova circolare ministeriale AUA

Con la Circ. prot. 0049801/GAB del 7 novembre 2013, il Ministero dell’Ambiente risponde alle numerose richieste di chiarimento pervenute riguardo alla corretta applicazione del D.P.R. 59/2013 (Autorizzaizone Unica Ambientale – AUA). La circolare si sofferma sui soggetti sottoposti alla nuova disciplina, sulla natura obbligatoria o facoltativa dell’autorizzazione e sul termine entro il quale deve essere presentata la prima domanda di AUA. circolare AUA

Il dissenso di un rappresentante della P.A. in sede di conferenza di servizi per il rilascio dell’AIA deve essere “costruttivo”

La vicenda in oggetto riguarda il rilascio dell’Autorizzazione integrata ambientale per la realizzazione di una discarica. In presenza di “dissensi” correlati a specifici aspetti progettuali, come emersi nella conferenza di servizi, l’Autorità competente deve segnalarli puntualmente e, comunque, non può esimersi dal sottoporre le modifiche progettuali formulate dal richiedente, a seguito del preavviso di diniego, ad un successivo esame mediante riconvocazione della conferenza di servizi.

L’art. 5 comma 10 del d.lgs. 18 febbraio 2005 n.59 (recante “Attuazione integrale della direttiva 96/61/CE relativa alla prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento”), rimettendo all’autorità competente la scelta del modulo procedimentale della conferenza di servizi ex art. 14 della legge 7 agosto 1990, n. 241, richiama testualmente anche gli “…artt. 14-ter, commi da 1 a 3 e da 6 a 9, e 14-quater della legge 7 agosto 1990, n. 241”.

Orbene, l’art. 14-quater stabilisce che: “Il dissenso di uno o più rappresentanti delle amministrazioni ivi comprese quelle preposte alla tutela ambientale regolarmente convocate alla conferenza di servizi, a pena di inammissibilità, deve essere manifestato nella conferenza di servizi, deve essere congruamente motivato, non può riferirsi a questioni connesse che non costituiscono oggetto della conferenza medesima e deve recare le specifiche indicazioni delle modifiche progettuali necessarie ai fini dell’assenso”.

Come è stato osservato, deve dunque trattarsi di “dissenso costruttivo” e la sua motivazione, nonché la necessaria indicazione delle modifiche progettuali utili all’espressione dell’assenso, ossia al superamento delle ragioni del dissenso, “…è conforme non solo all’esigenza dell’effettivo perseguimento degli obiettivi di semplificazione e di accelerazione dell’azione amministrativa, ma anche nell’ottica dell’altro principio di leale collaborazione cui pure devono essere improntati i rapporti tra le varie pubbliche amministrazioni”. In altri termini, la motivazione e la coeva individuazione, ove possibili, di modifiche progettuali atte a superare i profili ostativi al rilascio del provvedimento (nella specie, dell’autorizzazione integrata ambientale), mirano ad evitare una duplicazione di procedimenti, la dilatazione dei tempi di definizione, la stessa insorgenza di contenziosi amministrativi e giurisdizionali, in ossequio ai principi generali di economicità, di efficacia e di pubblicità. Consiglio di Stato, sentenza del 24 maggio 2013

La P.A. esercita un potere discrezionale nel dettare le prescrizioni amministrative

L’amministrazione può incidere sull’attività autorizzata ai sensi dell’articolo 208 del D. lgs. 152/2006 (procedure semplificate), attraverso l’imposizione di prescrizioni che possono “integrare o, addirittura, limitare l’efficacia del provvedimento”, con la conseguenza che l’inosservanza delle stesse costituisce illecito penale. Le prescrizioni apposte in sede di autorizzazione, infatti, sono vincolanti “non soltanto quando traggano origine da specifiche disposizioni (…) ma anche quando siano apposte direttamente dall’amministrazione che le rilascia nell’esercizio del suo potere discrezionale”. Cass. pen., sentenza n. 19955 del 2013

L’A.U.A. è in Gazzetta Ufficiale: pubblicato il D.P.R. 13 marzo 2013, n. 59

Sulla Gazzetta Ufficiale n. 124 del 29 maggio 2013, è stato pubblicato il Regolamento recante la disciplina dell’autorizzazione unica ambientale e la semplificazione di adempimenti amministrativi in materia ambientale gravanti sulle piccole e medie imprese e sugli impianti non soggetti ad autorizzazione integrata ambientale. Il regolamento entrerà in vigore il 13 giugno prossimo.

Diniego autorizzazione per recupero rifiuti in area agricola

L’orientamento secondo cui la destinazione agricola assegnata a zone del territorio da parte dello strumento generale di pianificazione urbanistica può assumere quel carattere di generalità tale da impedire in sé soltanto la sola attività edilizia di tipo residenziale sfociando quindi in una sostanziale neutralità dal punto di vista della classificazione urbanistica, così da rendere compatibili con essa i più disparati interventi aventi destinazione diversa da quella propriamente agricola (purché non residenziale), è valido in quanto manchi un’espressa volontà generale di realizzare obiettivi di specifica salvaguardia e promozione proprio dell’attività di coltivazione. Nel caso in esame, la destinazione dell’area interessata dall’intervento non era affatto da intendersi come “genericamente agricola”, quindi in un certo senso aspecifica, ma piuttosto come manifestazione di una volontà precisa di promozione e conservazione dell’identità colturale tradizionale, anche attraverso il progetto di creazione di un Parco Urbano di Salvaguardia Agricola. Ciò giustifica pertanto il diniego dell’autorizzazione. TAR Campania, sez. VIII, 12 marzo 2013

Industrie insalubri nell’abitato

L’installazione nell’abitato (o in prossimità di questo) di una industria insalubre non è di per sé vietato in assoluto, dal momento che lo stesso art. 216 del T.U.L.S. n. 1265 del 1934, lo consente in determinate circostanze ed in particolari condizioni, se accompagnato dall’introduzione di particolari metodi produttivi o cautele in grado di escludere qualsiasi rischio di compromissione della salute del vicinato. Dunque, la valutazione dell’attività produttiva sotto il profilo sanitario non può essere compiuta aprioristicamente vietando in modo generalizzato determinati insediamenti produttivi nel centro abitato o ad una prestabilita distanza dallo stesso, in quanto tale valutazione deve essere compiuta sul caso specifico da parte dell’autorità sanitaria, che deve accertare la presenza delle condizioni indispensabili affinché essa si svolga senza pregiudizio per la salute pubblica. TAR Lombardia, sez. II, sentenza del 5 febbraio 2013

Criteri per l’ubicazione delle discariche

Uno dei criteri sicuramente prioritari nella scelta dei siti in cui ubicare le discariche è la distanza dai centri abitati, il che trova conferma al punto 2.1. dell’allegato 1 al D.Lgs. n. 36/2003. Altro criterio razionale è la distanza della discarica dagli impianti di trattamento dei rifiuti, in quanto, non c’è dubbio che condiziona in modo rilevante, la riduzione dell’impatto ambientale relativamente ai fattori rumore e traffico e quindi anche alle emissioni prodotte dalla circolazione degli automezzi adibiti al trasporto. Il criterio posto dall’allegato 1.1 al d.lgs. n. 36/2003, secondo cui per la localizzazione delle nuove discariche vanno privilegiati i siti già degradati e da risanare, è dettato per le sole discariche per rifiuti inerti. Il fatto che in una discarica per rifiuti non pericolosi siano potenzialmente abbancabili anche dei rifiuti inerti, è una eventualità che di per sé non modifica la tipologia della discarica. Consiglio di Stato, sez. V, sentenza del 4 marzo 2013

Impianto produzione calcestruzzo in ampliamento di un impianto di recupero. Variazione sostanziale

Il progetto per la produzione di calcestruzzo con materiali inerti e rifiuti non pericolosi in ampliamento di un impianto di recupero rifiuti inerti mediante rifiuti deve essere qualificato come una variante sostanziale al progetto originario e in quanto tale assoggettabile alla medesima disciplina applicabile ai nuovi impianti ai sensi dell’art. 208, comma 19, del Dlgs. n. 152 del 2006, per il quale le procedure di autorizzazione di nuovi impianti si applicano anche per la realizzazione di varianti sostanziali a seguito delle quali gli impianti non sono più conformi all’autorizzazione rilasciata. TAR Veneto, Sez. III, 5 febbraio 2013.

Distanza tra impianto industriale e zone di produzione prodotti agricoli

In risposta ad un’interrogazione parlamentare presentata da un membro del Parlamento europeo, sul rischio di contaminazione delle colture per la vicinanza di alcune zone di produzione agroalimentari ( anche a marchio Doc, Dop, Igp) con alcuni impianti industriali ( quali inceneritori di rifiuti, cementifici, fonderie), la Commissione Ue ha risposto che nel diritto comunitario non esistono criteri relativi alle distanze da rispettare tra gli impianti industriali e le zone di produzione dei prodotti alimentari, poiché la normativa comunitaria definisce il tenore massimo dei contaminanti (metalli pesanti, Pcb eccetera) nei prodotti stessi e ciò “assicura che i cittadini siano tutelati, poiché i prodotti che superano tali limiti non possono essere immessi sul mercato”.

Attività recupero rifiuti in procedura semplificata: occorre la previa autorizzazione comunale ex art. 19 L. 241/1990?

Il Consiglio di Stato affronta la questione, in modo invero poco convincente, se sia necessaria, per svolgere l’attività di recupero rifiuti in procedura semplificata, il possesso dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività produttiva (ai sensi dell’art. 19 della legge n. 241/1990), di competenza comunale; è chiarito inoltre se le attività di recupero rifiuti in forma semplificata sono sottoposte alla pianificazione in materia di rifiuti per quanto riguarda la specifica localizzazione degli impianti ovvero soltanto alla pianificazione urbanistica generale. Consiglio di Stato sentenza del 23 giugno 2014

Autorizzazione ex art. 208 TUA: legittimi gli atti successivi alla conferenza servizi?

L’autorizzazione a gestire “impianti di smaltimento o di recupero di rifiuti”, ex art. 208 TUA, si rilascia all’esito di un’istruttoria che prevede la convocazione obbligatoria di una conferenza di servizi, la quale, entro un termine, deve valutare il progetto e “trasmette le proprie conclusioni con i relativi atti” alla regione o all’autorità delegata.
Nella sentenza il Giudice amministrativo si chiede se le determinazioni delle amministrazioni coinvolte vanno a pena di illegittimità espresse in seno alla conferenza stessa oppure siano consentiti anche atti ad essa esterni successivi alla chiusura dei lavori. Tar Lombardia sentenza del 27 giugno 2014

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